Capita sempre più spesso nei confronti riguardanti il rap di sentire e attribuire con connotazione positiva il concetto di flow. Si definisce quindi il concetto di flow nel rap, cosa favorisce un buon flow e alcuni dei migliori detentori di questa labile skill.
Che cos’è il flow?
La parola flow si traduce letteralmente in flusso, termine originariamente associato allo scorrere di liquidi e gas. Storicamente il concetto è stato però anche adottato da letteratura e psicologia, nel primo ambito come modalità narrativa, ad esempio il flusso di coscienza, nel secondo come stato di completo assorbimento durante lo svolgimento di una certa attività.
Nel rap il concetto di flow è vicino di casa dei 3 precedenti e consiste nella fluidità ritmica con cui un MC scandisce pacchetti di rime all’interno delle proprie metriche.
Per quanto ci siano dei criteri tecnici per valutare il flow, come l’andare a tempo e se la chiusura della rima avviene sul rullante, si preferisce intendere un buon flow come la piacevolezza che il rapper induce fondendo le proprie barre con la strumentale.
Volgarizzando il tutto, un rapper ha un flow efficace quando ungendo le rime con il proprio stile le rende così burrose che si può godere ed essere totalmente immersi nell’ascoltarle anche senza prestare particolare attenzione al contenuto.
Per approfondire: come scrivere un buon storytelling rap
Cosa rende buono il flow?
Come già specificato, c’è una parte di criterio tecnico correlata alla tempistica delle battute, volgarmente definita come andare a tempo, che determina l’efficacia del flow, ma questo non è l’unico criterio valutativo che può influenzarlo.
La pulizia con cui si scandiscono le parole è uno dei fattori che può favorire la godibilità del flow. La pronuncia chiara e nitida rende le rime più accessibili e comprensibili che devono però essere caratterizzate anche da altri elementi, pena altrimenti un flow eccessivamente depersonalizzato e formale.
Il cambio di flow, nelle e tra le strofe, cioè il cambio di ritmica e cadenza tra un pacchetto di barre e quello seguente, cattura l’attenzione dell’ascoltatore tenendo alto il focus per tutta l’interezza della canzone. Skill complessa da padroneggiare, il rischio è incepparsi nella distribuzione delle sillabe sul beat e ritrovarsi in anticipo o in ritardo sulla chiusura della rima.
Come accennato nel punto prima anche la cadenza della tonalità vocale ha un ruolo fondamentale, soprattutto oggi in cui autotune e intonazioni condiscono sempre maggiormente le strofe rappate. Blocchi di rime con vocalizzi più distesi, allungati, cantilenati e variazioni del tono della voce possono spezzare la monòtona frenesia di una strofa a patto che siano calibrati e adatti alle capacità vocali dell’artista.
I flow possono anche essere rinvigoriti da mazzi di barre nei quali la musicalità è ulteriormente ricercata attraverso allitterazioni, cioè assonanze interne alle barre e non solo alla sillaba di chiusura finale della rima.
Esempio:
Una pena in testa
Ernia – Paranoia Mia
un fiume in piena, in piena festa
non si spiega e resta
non mi prega e piega
la mia piaga è questa
come a Praga slega poi mi defenestra
Gli ultimi elementi che possono infine arricchire il flow di un rapper sono definibili riempitivi, cioè sporche e intercalari. Le sporche sono particelle vocali registrate a parte e messe sul sottofondo della traccia, mentre gli intercalari sono sempre particelle verbali appartenenti pienamente al testo poste all’inizio o alla fine della rima per colmare un vuoto sillabico e quindi chiuderla a tempo.
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I migliori flow italiani
La lingua italiana è una delle più complesse dal punto di vista fonetico, perché la maggior parte delle parole tende a chiudersi con vocali, limitando le possibilità stilistiche di rima e quindi di flow degli artisti.
Nonostante questo limite linguistico il rap italiano vanta dei fuoriclasse del flow, tutti caratterizzati dalla fluidità nel rimare ed ognuno con le proprie caratteristiche.
Neffa e DJ Gruff, non a caso appartengono a uno dei gruppi più importanti dell’hip hop italiano, i Sangue Misto. Nei novanta, con largo anticipo, entrambi dimostrarono flow elastici e morbidi, con cui si agiavano su qualsiasi strumentale. Lungimiranti nella creazione di un proprio slang e nella flessibilità dei flow all’epoca meccanici e statici, possono considerarsi i progenitori degli attuali flow più cantati e stravaganti.
Guè Pequeno e Jake La Furia, sono il burro e marmellata del flow, spalmabili e disinvolti su qualsiasi genere di strumentale. Nei Club Dogo, ma anche nei rispettivi percorsi solisti, hanno rappresentato l’essenza della versatilità nei flow. Entrambi sempre incisivi in ogni singola rima, approcciano il microfono con una spontaneità colloquiale volgare e spiccia, Guè dall’atteggiamento più gangstar elegante Jake invece più mascalzone delinquente.
Ho rappato ultraveloce ho rappato con le pause
Guè Pequeno – Dogofiero
ho citato libri e film, ho più tecniche di Souther
Zio, chiamami Donald Trap, ho il rap al posto dei dollari
Jake La Furia – Vivo o morto
scusate il francesismo, ma, minchia, c’ho un flow che mollami
Jack The Smoker ed Ensi rappresentano invece una scuola di flow molto più tecnica, satura di rime, che fa perno su giochi di parole e punchline ad effetto. L’impostazione dei loro flow risente molto dell’attitudine da freestyle, rendendola coinvolgente e divertente ma forse troppo dinamica per chi predilige ascolti più rilassati. Entrambi recentemente hanno riaffermato le veemenza dei propri flow sulla stessa traccia, Rapper Posse Track contenuta nella deluxe di Clash di Ensi e in tracce separate in Server Serena, nuovo Ep dei Linea 77, in cui domano senza indugi strumentali scatenate.
Johnny Marsiglia e Luchè, sono 2 dei pochi artisti italiani ad avere flow che suonano dannatamente americani. Marsiglia fa scoppiettare le rime con una percepibile ma non invadente cadenza palermitana, un flow dal groove ingaggiante che appassiona l’ascoltatore con genuinità e senza forzature stilistiche. Luchè tra L1 e Potere ha sfoggiato anch’esso svariati flow, dai più aggressivi e grintosi ai più dolci e melodici, condendoli con reminiscenze dell’abbandonato dialetto partenopeo.
Tedua e Lazza sono 2 degli artisti più giovani dai flow più accattivanti e persuasivi. Tedua col suo, più o meno voluto, non andare a tempo, è riuscito a far amare il suo flow svirgolato alla stream of consciousness di James Joyce e far ricredere gli amanti delle metriche più canoniche. Tanto che nell’ultimo singolo, Elisir, alterna circa 10 flow senza sbagliarne un cambio.
Lazza, di scuola milanese, coniuga l’impostazione tecnica da freestyler con un approccio schietto e maleducato, generando flow refrigerati e carichi di punchline chirurgiche. Nella recente repack di Piano Solo di Re Mida, le versioni acustiche mettono completamente a nudo la freschezza dei flow di Lazza, risaltandoli grazie al contrasto creato con le strumentali suonate a pianoforte, invece più tiepide, avvolgenti e minimali delle originali.
Questi rapper sono quelli che ritengo più rappresentativi e prestanti del panorama italiano storico e attuale. Specifico ancora che la predilezione per determinati flow ha comunque una forte componente soggettiva. Ci sono tanti altri artisti, altrettanto validi, su cui non mi sono potuto soffermare che meriterebbero anch’essi un paragrafo dedicato, come: Fabri Fibra, Danno, Primo, Salmo, Mistaman, Emis Killa, Madman, Nitro e Ernia.
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- Tedua – Vita Vera (recensione e commento)
- Gué Pequeno – Mr. Fini (recensione e commento)
- Lazza – J (recensione e commento)
- Jack The Smoker – Ho Fatto Tardi (recensione e commento)
Conclusione
Questa skill per quanto coltivabile ed allenabile, rimane in gran parte un fattore X innato. Gli elementi e i fattori che possono determinare un buono flow sono svariati, ma il più inequivocabile rimarrà sempre l’orecchio o meglio il collo. Se la testa fa su e giù si può stare sicuri che chi state ascoltando c’ha un gran flow.