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“Brava Gente è quello che siamo”: Intervista a Ensi e Nerone

“Brava Gente è quello che siamo”: Intervista a Ensi e Nerone

Brava Gente è il primo joint album di due pilastri del rap italiano, Ensi e Nerone. Accomunati da radici musicali comuni, entrambi provenienti dall’ambiente delle gare di freestyle, di MTV Spit e dell’hip hop anni ’90, hanno creato un capolavoro del rap italiano come pochi altri sanno fare.

Abbiamo avuto l’occasione di fare una lunga chiacchierata per sviscerare il lavoro in team dietro il progetto, le dinamiche della collaborazione lavorativa tra amici, le diverse tematiche che hanno affrontato nelle 12 tracce del disco e le loro visioni dal passato al futuro della scena rap italiana. Buona lettura!

Come state? Quali sono le vostre vibes a caldo con l’uscita dell’album?

Ensi: Siamo super positivi e sommersi da un sacco di amore. Un po’ ce lo aspettavamo, siamo sulla scena da anni e la gente aveva già risposto bene quando avevamo annunciato l’uscita del joint album. Dopo l’uscita l’amore si è centuplicato, abbiamo fatto l’esordio live perché a mezzanotte eravamo on stage e il giorno dopo eravamo sul palco del Nameless e il pubblico ha risposto alla grande. 

Nerone: Io non me lo aspettavo per niente e non ho mai visto un pubblico rispondere così bene a pezzi che non conosceva. Poi ai pezzi più introspettivi alla fine c’è stato uno scroscio di applausi. Siamo riusciti a fare le cose giuste nel modo giusto, c’era bisogno di un album così in un momento come questo. Adesso sfido tutti i colleghi che fanno rap a tenere questo come metro di paragone.

Com’è nata l’idea di un joint album? E perché la scelta di “Brava Gente”?

Nerone: Noi siamo brava gente, è scritto in una maniera per cui l’80% degli italiani può capire e si sente rappresentato, dice “Anch’io, nonostante tutto”. Non siamo su un punto più alto, noi cantiamo una roba che esiste, semplicemente usiamo le parole più fighe per farlo. Quindi questa secondo me è stata un po’ la chiave di Brava Gente.

Ensi: Non abbiamo riferimenti ad uno status inarrivabile, un po’ perché siamo real e scriviamo quello che viviamo, non avendo quel tipo di status non racconti quel lifestyle. Ma d’altronde in Italia chi lo può raccontare oggi? Una manciata di persone. 

Se parli di soldi e non li conti non è cosa” c’è una risposta a tutto, questo mi piace in Brava Gente perché è un po’ un rimarcare delle cose che ci sono ma senza bacchettare, dicendo “Questo è quello che facciamo noi” e c’è una grossa fetta che si sente rappresentata anche solo nell’espressione del linguaggio. “Non parlarmi di soldi se non sono i nostri”: c’è l’argomento dell’ego, dello sfoggiare uno status. Cuban Link non è inarrivabile, avere riferimenti iconici e granitici è cool soprattutto se il tuo pubblico è in grado di capire la coolness di chi può spaccare sul palco, essere credibile e avere top player sul disco chiamandoli al telefono perché ci rispettano, sono colleghi e amici mentre altri dovrebbero far spendere alle major un capitale.

C’è una chiave perché all’estero è così ovunque ovunque, mentre in Italia spesso secondo me non c’è tanto coraggio da parte degli artisti nel volersi prendere il rischio di fare qualcosa che non sia per forza cucita per funzionare e quindi questa spontaneità quando viene fuori premia il disco come nel caso di Brava Gente. Non lo dico perché siamo presuntuosi, è una considerazione vedendo i primi feedback ma anche perché in primis siamo noi stessi ascoltatori e fan del rap.

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Il lato comunicativo dell’album ha ripreso la cinematografia e la televisione, quali sono state le vostre fonti d’ispirazione e qual era l’obiettivo di questa scelta? E soprattutto, quanto vi siete divertiti a filmare tutti gli sketch del “Brava Gente Restaurant”?

Nerone: Abbiamo usato questa tecnica di marketing del ristorante in cui ci siamo divertiti tantissimo

Ensi: Chi ci conosce a livello più personale sa che siamo così. Abbiamo anche dei riferimenti simili a livello di umorismo, seguiamo la stand up e abbiamo quel filone che ci piace molto, poi il tempo che passiamo insieme lo passiamo principalmente a ridere e divertirci. 

Nerone: Motivo principale per cui è stato fatto questo disco, ritrovare un po’ di felicità nel fare le cose che vanno al di fuori di stare in studio.

Ensi: Motivo anche che ci ha portato ad essere amici e per cui questo disco è nato in maniera molto naturale. Quando avevamo finito l’album ci siamo resi conto che non c’era neanche un pezzo dove venisse fuori questo nostro lato funny.

Nerone: Poi ci serviva qualcosa di creativo per annunciare gli ospiti del nostro disco. Shari si è prestata ma non potevamo scomodare tutti, quindi la chiave è stato Shade che ha doppiato tutti – la voce mia, di Ensi e del narratore. Un lavoro incredibile. Poi tutti si sono messi in gioco in una maniera incredibile. Ho mandato lo stesso messaggio un po’ a tutti dicendo “Guarda stiamo facendo la segreteria telefonica per annunciare la tracklist, mi farebbe piacere che tu ti inventassi una minchiata per fare una recensione negativa del ristorante”. Quando è arrivato quello di Fibra non ci potevamo credere, allora come reference l’ho mandato a Gemitaiz che ci ha risposto riprendendo l’idea di Fibra. Siamo tutti dei deficienti, queste sono le cose che ci piacciono, condividiamo questa comicità anche perché abbiamo tutti un po’ la stessa età – veniamo dallo stesso periodo e quindi condividiamo lo stesso tipo di comicità. 

Com’è stato lavorare insieme ad un intero album? Se avete avuto momenti critici, come li avete affrontati?

Nerone: Il conflitto al massimo è creativo, non c’è mai stata una discussione, abbiamo messo in gioco tutto però. Ormai ci sono artisti in studio con 15 autori, ma per noi rapper che così non abbiamo mai fatto potrebbe essere difficile per l’ego aprire il testo e lavorarci con altre persone. 

Ensi: Secondo me se ci fosse stato conflitto non avremmo neanche iniziato. Questa per noi è stata un’esperienza forte perché non è solo lavoro, ma tanto tempo da passare insieme, anche a livello personale. Dopo tutti questi anni avevo anche voglia di fare qualcosa in due, dove il carico di lavoro fosse diviso e l’esperienza mia potesse essere messa in gioco ma non dicendo “ci sono solo io in ballo”. Stessa cosa è stata per Max, entrambi abbiamo messo in gioco tanto di noi e quindi non poteva esserci conflitto. Anche andare nella stessa direzione è stato molto naturale, non c’è stato bisogno di dirselo esplicitamente.
Secondo me questa è l’unica chiave oggi per viversi al meglio la musica. Soprattutto nel nostro genere c’è un grande stress, vedo le nuove generazioni sottoposte all’imposizione di non sbagliare più e questa costante rincorsa al numero, allo status. Sarà che io ho fatto il giro due volte e ne ho viste di tutte nella mia esperienza, ma ormai o la musica me la vivo in maniera naturale (che non vuol dire senza impegno o sofferenza) o nada. Dev’esserci il flusso positivo nella creazione, nello stare in studio e scambiarsi messaggi fino a notte fonda gasati con la voglia di registrare.

Nerone: Io personalmente mi sono tolto delle soddisfazioni, il logo Brava Gente di Luca Barcellona, beat di Don Joe, artisticamente mi sono tolto dei piaceri che magari agli altri non possono arrivare ma egoisticamente parlando viviamo di questa merda, quelli sono traguardi per me, quindi durante la lavorazione del disco io avevo già vinto. Sono partito da un fattore positivo, il percorso in sé era già una vittoria per me quindi può andare solo meglio.

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Intervista a Nerone e Ensi per l'album Brava Gente

Il vostro background comune da freestyler come ha impattato sul vostro lavoro insieme e sulla creazione di questo disco? 

Ensi: In Brava Gente c’è il gusto mio e di Nerone che è comune in tante cose, soprattutto nel sound dato che siamo entrambi cresciuti con la roba del 2000. Quel sound ci piace molto ed ecco perché c’è un pezzo come Cuban Link, era una cosa che volevamo entrambi. 

Tutti gli altri beat essendo di 12 producer il rischio compilation era dietro l’angolo, li abbiamo scelti saggiamente, intorno a noi non c’era una direzione artistica che ci diceva “potete fare questo potete fare quello“, noi potevamo fare tutto. Potevamo fare un disco che suonasse più classico e sarebbero stati tutti contenti, ma sarebbe stata la scelta più scontata e non è quello che ci piace fare. Ad oggi l’hip hop a livello mondiale ha talmente tante influenze diverse che lo spettro è così ampio che collima con l’apertura che abbiamo io e Max permettendoci di fare un disco che rimanga un classico perché è un disco rap traccia 1 alla 12 e non hai bisogno di sottolinearlo, ma al contempo con 12 facce differenti e tutte credibili. Sono tutti dei bei vestiti che io e Max possiamo metterci addosso e ci calzano perfettamente. 

Nerone: Nel resto del mondo è naturale questa cosa. Quelli sono rapper e rappano. 

Ensi: Esatto, però in Italia c’è sempre questo bisogno di doverlo sottolineare. Quindi secondo me Brava Gente è subito stato valorizzato e nel tempo otterrà ancora più valore proprio perché fa questa cosa senza doverlo sottolineare. Un disco rap di due rapper a cui piace il rap, se sei un rapper e senti sta roba ti gasi, se sei un esperto di rap e senti sta roba ti gasi, hai tutti i riferimenti per capire, e se invece stai a metà e non hai tutte le chiavi di lettura per sbloccare tutti i riferimenti che facciamo però il sound che senti lo riconosci e può piacere anche a quella fetta di pubblico lì. 

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Ci sono ben 8 featuring in “Brava Gente”. Ci sono un paio di aneddoti più particolari che vorreste raccontare su com’è nato qualche feat? 

Nerone: Ci sono featuring inediti perché Ensi con Fabri Fibra e Ensi con Nitro non si era mai visto. 

Ensi: Le tracce ci sono state mandate tutte online tranne Jake che è venuto in studio e l’ha registrata e scritta davanti a noi due. Con Speranza io avevo già collaborato per il mixtape di Gemitaiz però era una cosa di terzi. Stimando molto Speranza ci tenevo a chiamarlo in un disco mio, poi per il concetto di Brava Gente e per com’è Speranza ci calzava benissimo dentro. Poi Sine a un certo punto ha deciso di mandarci quello switch della base dove poi entra Speranza inaspettatamente, uno degli attacchi più potenti di quest’anno per me. 

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Oltre ai tanti featuring, ancora di più sono le produzioni, una diversa per traccia. Come mai la scelta di 12 diversi produttori e soprattutto, il risultato è omogeneo. Come si arriva da una disomogeneità di risorse a un’omogeneità di prodotto?

Nerone: Siamo contenti perché è venuto tutto molto naturale. Abbiamo messo 12 producer diversi ed era già difficile fare una cosa che non suonasse come una compilation. L’omogeneità è dovuto a noi, al fatto che Ensi ha il suo timbro vocale e il suo status che lo identifica subito appena dice le prime due parole. Il fils rouge è che noi rappiamo sempre da paura, può cambiare la sonorità ma siamo sempre noi, siamo coesi e le strofe le abbiamo scritte tutte insieme, ce le siamo corrette a vicenda. Non c’è stata competizione, solo quella sana che ti fa venire voglia di impegnarti ancora di più.

Abbiamo lavorato in studio con i producer e abbiamo fatto un sacco di session muovendoci un po’, siamo andati a Roma a trovare Sine, e siamo stati in un po’ di studi a Milano.

Avete entrambi molti anni di carriera alle spalle in cui avete avuto modo di osservare dall’interno l’evolversi della scena rap underground. Ad oggi, qual è la considerazione principale che vi viene in mente guardando a questo processo evolutivo (se siete d’accordo a definirlo come tale)?

Ensi: Dagli anni 2000 ne ho viste tante di cose arrivare, arrivo da un percorso lungo. Nel 2012 feci un disco profetico nel titolo per me, Era tutto un sogno, inteso come la diffusione di questa roba. Avevo già avuto occasione di viaggiare e vedevo l’impatto di questo genere musicale nel mondo e non capivo perché questa cosa in Italia fosse relegata solo a pochissimi nomi. Poi dopo il clamore degli anni ’90 fu affossata. Quindi quando poi ho visto gli anni della ripresa e nel 2012 ho visto l’esplosione, ci speravo davvero. Nel 2016 poi arriva impetuosa una nuova scena e anche lo streaming ma ci speravo nel rap come un genere predominante anche in questo paese. A livello di sound non mi manca niente di quello che c’era nel passato perché mi piace tutto quello che c’è ora, poi se non ti limiti ma sai guardarti intorno puoi trovare di tutto nel genere rap. 

Vedo che le mie generazioni in questo periodo stanno facendo i loro dischi migliori, sono sempre più in forma e ci sono rapper leggenda che hanno quasi dieci anni anagrafici più di me. 

Nerone: Io sono un po’ più più piccolo di Jari e ho meno anni di esperienza. Partirei dal concetto che tantissime persone sono legate alla musica attraverso i sentimenti, perché ricorda bei momenti della loro vita. Ai ragazzi che avevano 16 anni nel 2016 quella bomba della trap gli ha sconvolto la vita.
In ogni momento c’è una colonna sonora senza fare paragoni “era meglio prima”, al massimo la tua vita era meglio prima e allora sei tornato a quella colonna sonora lì.

Chiusa parentesi, quando è arrivato il 2012 e Jari faceva MTV Spit e il rap aveva preso una posizione incredibile, io avevo 21 anni e lavoravo ancora nei villaggi turistici, facevo le gare di freestyle quando potevo e a Spit ci sarei andato per la prima volta l’anno dopo. Quando è arrivata la trap io stavo ancora imparando a correre e la gente già nuotava, in più il 2016 è stato l’anno che ha consacrato che più sei giovane meglio è, senza nessun valido motivo, quindi chi investiva il grano andava a cercare il ragazzo  di 16-17 mentre io ne avevo già 25. Sono arrivato al momento sbagliato e non mi sono mai riuscito a godermi appieno un successo serio con grandi numeri in quel momento lì, ci sono dovuto arrivare dopo con calma con dei pezzi più ragionati e alla fine il mio punto forse è la penna.

Io all’instore di Vendetta di Jari ero lì, ero piccolo ma già fan del rap e mai ci speravo di fare un disco con Jari che poi è diventato addirittura mio amico. Quindi bella lì, di che cazzo mi devo lamentare io? Ho realizzato tutti i sogni di quel ragazzo che ero

Se semini nel modo giusto tutto torna. Questa è una cosa che penso sempre ma che non dico spesso: il sacrificio non è il culo che ti fai, il culo che ti fai per arrivare al tuo obiettivo è un tuo dovere, poi se ti va bene ci metti meno tempo. Ma il sacrificio sono le cose a cui rinunci per arrivare dove devi arrivare, e io ho visto Jari sacrificare un sacco della sua vita e io in primis ho sacrificato tantissime cose. Bisogna avere un grande spirito di sacrificio. E soprattutto ora per come stanno le cose, i sacrifici devono essere quintupli perché hai davvero pochissimi spazi per tentare.

Conclusioni

Concludiamo così questa lunga chiacchierata, toccando il tema del sacrificio e riflettendo sul percorso fatto da ciascuno dei due artisti per arrivare fino a Brava Gente. E sacrificio è proprio il concetto che meglio racchiude tutta la strada fatta da loro, e che meglio rappresenta la carriera di un artista.

La cosa più bella, però, è stato sentire la loro soddisfazione a seguito dei complimenti inaspettati ricevuti dai colleghi, oltre che dai fan. Vedere che in un contesto competitivo come quello della scena rap in Italia c’è ancora spazio per gioire dei successi altrui è ciò che rende poi ciascuna delle collaborazioni che ci ritroviamo nei vari album estremamente autentica e spontanea. Ed è un valore aggiunto che poche altre realtà possono vantare.

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