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“Più sei lento più hai bisogno di martellare”: intervista a okgiorgio

“Più sei lento più hai bisogno di martellare”: intervista a okgiorgio

Tra le cose positive che l’anno appena passato ci ha dato c’è quella di aver approfondito e conosciuto meglio okgiorgio.

Lo abbiamo naturalmente fatto ascoltando i lavori che il producer bergamasco ha curato nel corso del 2023 (e sono vari, dai brani dei Colla Zio e Leo Gassmann portati a Sanremo a quelli della sua band Iside, passando per l’intera produzione dell’ultimo album di Fulminacci Infinito +1, giusto per citarne qualcuno) che hanno confermato il suo talento e dimostrato una qualità e versatilità davvero da navigato.

Ciò che però forse ha incuriosito maggiormente è stata la release del suo primo singolo okokokokok, una traccia che ha dato il là al suo progetto fatto di sperimentazione elettronica, club, chitarrine & cassa applicata.

Questo altro lato di Giorgio è infatti quello che abbiamo avuto il piacere di intervistare. L’occasione è stata l’uscita, il 15 dicembre, del suo EP debutto ok, composto da 5 tracce.
La raccolta, fuori per la label inglese Fast Friends, mostra una personalità che doveva prima o poi venire fuori. Perchè Giorgio è un artista che, anche se come ci spiega nell’intervista non sente l’esigenza di fare il protagonista o di essere in prima linea su tutto, merita attenti ascolti, studio e di essere messo in una ristrettissima lista di produttori italiani.

okgiorgio dice la sua (ed è una sua preziosa e importante) e siamo orgogliosi di proportela per una prima vera volta.

Per cominciare: chi è okgiorgio

Perchè è nato questo tuo progetto? Da quale volontà?

Dunque, è un po’ banale però abbastanza a caso. Eravamo in periodo quarantena, mi trovavo in studio a produrre cose per altri artisti. Essendosi fermata un po’ la situazione e allo stesso tempo avendo più tempo a disposizione, il mio “fare altro” coincideva sempre con la musica, di conseguenza mi sono messo a sperimentare cose nuove davvero molto a caso.


Ho raccolto un’infinità di idee, di beat che avevo sempre un po’ accantonato. Da lì , appena abbiamo avuto un minimo di libertà sono torato a riapprezzare un po’ questa faccenda del clubbing, che mi è sempre piaciuta, soprattutto quando è alternativa. Nel genere mi interessa sempre infatti chi porta un qualcosa di diverso rispetto, ad esempio, ad una techno pura.

Quindi ho ordinato un po’ queste idee che avevo raccolto e ho cominciato a giocarci mettendo una cassa dritta, per poi accorgermi che effettivamente funzionavano.

okgiorgio in studio. Foto di Francesca Mirabile

E poi, che è successo?

Poi è successo che mi hanno chiesto di suonare ad APE (evento a Milano, nda), se volessi fare il DJ alla serata. Io non avevo mai fatto il DJ in vita mia, pensavo di presentarmi con Ableton e le drum machine.

Questo quando?

Estate 2022.

Cioè quindi tu non avevi mai fatto un dj set prima?

Davvero molto random ad alcune feste private di amici, non in maniera “ufficiale” diciamo. Infatti non sapevo usare la consolle. Avevo un setup appunto live, con Ableton, le macchine ecc. ma nessuna esperienza con i CDJ.
Però vabbè, faccio questo set e mi accorgo che la gente balla con la mia musica. Una figata.

Eh beh, la prima volta che capita è una bella soddisfazione. Soprattutto per chi con la musica è abituato ad averne in altri modi, no?

Sì, infatti mi piace il fatto che lavorando tutti i giorni nell’ambito della discografia, con le uscite e la pubblicazione della musica, questa cosa del djing skippa questi passaggi: nel senso, tu puoi fare una canzone e suonarla la sera stessa nel club, subito. Non ha bisogno di uscire su Spotify per essere viva.


Questo aspetto mi ha gasato molto, perchè ti rendi conto che c’è un altro modo di vivere la musica che non è soltanto aspettare 3 mesi per fare uscire un brano e una settimana per vederlo morire.
E non voglio fare nessuna critica, è semplicemente un altro modo di concepire la musica.

Infatti te l’avrei chiesto. Nel senso, ok sperimentare durante la quarantena, però quando hai capito che tutta questa musica facente parte del lato elettronico di okgiorgio volevi (anche) condividerla, cercando appunto quest’altra modalità di intenderla? C’è stato qualcosa che ti ha frenato nel farlo prima?

Considera che io ho una band che si chiama ISIDE. Seguo da sempre, sono i miei migliori amici e continua ad essere un progetto super prioritario per me, quindi non avevo mai avuto l’esigenza di essere io in prima persona ad averlo. Però poi boh, ho notato che c’era del fermento in queste altre cose che facevo, perciò mi sembrava stupido non pubblicarle.


Come ti dicevo tutto un po’ banale e a caso, infatti anche tipo la copertina è fatta con Instagram, molto random. Ed è proprio con questo spirito che voglio continuare: tutte le persone che stanno lavorando con me adesso al progetto sono infatti miei amici. Ma non perchè non mi fidi, semplicemente preferisco un contenuto, uno scatto, di un mio amico o della mia ragazza piuttosto che avercelo super professionale ma che non mi appartiene. Vorrei raccontarmi nel modo più fedele possibile.

Alla fine così è tutto più spontaneo, naturale, più vero. Questo poi oltre a riflettersi nella tua musica si percepisce ad esempio anche nella tua comunicazione…

Sì. Ma poi lo so che con i professionisti, con i budget ecc. si può arrivare ad un certo tipo di prodotto, però boh, non lo so. Secondo me è un po’ come quando scopri New York. Fighissimo, però poi alla fine ti piace sempre Foggia.

O Bergamo, in questo caso!

Ecco, esatto (ride,nda)

E a proposito di Bergamo, nella tua puntata del nostro format CanovA GameRoom ti definivo il Fred Again orobico. So che l’avrai sentita un milione di volte, però caspita, non si possono non notare le analogie. Voglio dire, dal percorso che taglia il pop mainstream e giunge all’elettronica ricercata, al tipo di produzione che attinge dai sample vocali su WhatsApp, passando per il feeling emotional delle tracce e arrivando al fatto che ti piaccia il contesto club underground stile Boiler Room. Fino a che punto ti fa piacere il paragone?

Allora, la prima roba che mi viene da dire in realtà è grazie, perchè lui spacca ed è naturalmente un accostamento che mi fa piacere.
In onestà però ti dico che non ho mai voluto copiarlo, nel senso che i miei riferimenti in realtà sono un po’ più di nicchia: Caribou, Four Tet, Ross From Friends sono ad esempio i mondi che mi interessano di più.


Ovviamente prendo il tuo come un complimento, non sono mai troppo negativo su queste cose. Poi è normale che ci sia una tendenza, ma questo in tutti i generi, di accomunare. Io stesso spesso ho bisogno di riferimenti, e ben venga se sia così figo.
Però se posso trovare una differenza ecco, lui è molto emotional e alcuni pezzi sono solo d’ascolto, mentre nei miei tendo a tenere saldo il contesto del clubbing e di conseguenza a scurirli sempre un po’ in quest’ottica.

Certo, per quanto poi però alla fine anche tu sia capace di andare verso quella direzione. Mi riferisco ad esempio alla quarta traccia dell’EP, okokokok

Sìsì, ci ho voluto mettere anche delle cose un po’ più narrative diciamo. Però ad esempio a me piacciono i BPM alti, e il balance che trovo è che più sei lento e più hai bisogno di martellare (Gigi Dag insegna). Mentre invece più sali col tempo e più puoi star leggero e rotolare.

A livello ritmico è vero. Dall’altro punto di vista musicale invece un’altra cosa che pensavo è che il tuo è un raro caso di come si possa esprimere la propria personalità andando oltre il signature sound di un produttore per il quale è riconosciuto (al volo mi viene in mente il pluck proprio dei Meduza o alcune tecniche di vocal chopping), nel tuo caso lavorando sull’utilizzo e il processing di un suono classico come quello della chitarra in chiave elettronica. Ti chiedo che rapporto hai con lo strumento, se lo hai studiato e come concepisci l’uso che ne fai.

Una cosa che non ti ho detto è che nella mia meditazione da quarantena mi ero imposto di limitarmi a non usare i suoni che avevo già messo nel pop, quasi per disintossicarmi un po’.

In studio poi ho sempre avuto questa chitarra classica da penso €70, il mio primo strumento, tutta rotta e scordata. Lì mi son detto sai che c’è? Uso questa. E basta. Voglio fare tutta con questa, no synth, no cose troppo strane. Che poi è un po’ il mio credo, cerco di non usare troppo il computer come centro dell’idea.

Alla fine ho visto che mi divertiva e mi ci sono appassionato sempre di più. Infatti ad esempio anche nei dj set cerco sempre tracce di altri che abbiano la chitarra per costruire la selezione (su questo non ne trovo tantissime, quindi è una cosa di cui vado fiero). Si tratta di uno strumento particolare, che devi sapere registrare in un certo modo, è un po’ stronzetto sotto questo aspetto. Poi nel momento in cui ci metti il microfono e lo vuoi “davanti” nella produzione, devi competere ad esempio come dicevi con quello dei Meduza, che però è un synth e ovviamente suona 10 volte tanto.

Sul fatto che non ce ne siano tanti che sappiano usare quel tipo di chitarra classica in modo così creativo e riconoscibile concordo. Forse recentemente l’unico che lo ha fatto è BoyWithUke con l’ukulele, se ci fai caso…

Ah sì, vero! Poi considera che tra gli altri miei riferimenti c’è un sacco Sufjan Stevens e il folk, un genere dove la chitarra è usata con particolari armonie.
Infatti la roba che mi ascolto per i cavoli miei non c’entra col clubbing ecc. Piuttosto mi piace portare a modo mio tutta quello che ascolto in un altro universo (Bon Iver, Radiohead, Alt-J, ecc.) applicando la cassa dritta con determinati criteri.

Un po’ filosofia Club 2 Club…

Sì! Li stimo tanto per quello che fanno e per i nomi che portano, infatti.

Ci avrei scommesso. Tornando invece all’EP volevo chiederti di chi sono i vocal e come sono nati i loro contributi.

Allora, il primissimo singolo che è uscito, okokok, il terzo in tracklist, si chiama YTAM. Lui è un ragazzo di Brescia che ho sempre prodotto, siamo molto amici e lo ritrovi anche nella quinta traccia.
Penso sia stato il primo a cui ho chiesto di mandarmi delle voci, di cantarmi qualcosa sulla produzione che avevo. Ma così, giusto per.Poi lui effettivamente ha una dote canora molto spiccata, e quindi sono uscite queste voci abbastanza assurde. In particolare sulla terza traccia, dove quando la suono vedo proprio la gente che la canta. Incredibile perchè non pensavo di fare una roba minimamente memorabile e che qualcuno potesse ricordare. Invece ha funzionato.

Nella prima invece ho voluto mettere Pietro Raimondi (montag, Giallorenzo). Lui è stata una delle primissime persone che ho registrato nella mia vita (ti parlo del 2016 tipo), è di Bergamo infatti. Essendo sempre un po’ in contatto gli ho chiesto di mandarmi qualcosa che avesse scartato. Mi manda queste demo, tra cui una frase, lo sai quanta paura mi fa, che mi colpisce subito e ho deciso di ficcarcela prima dell’ingresso delle drums. Ma è una frase tutta rovinata, quasi nascosta, però filosoficamente mi piaceva inserirla come intro di tutto.

Nella seconda in realtà c’è un ragazzo inglese che si chiama ONR. Lì è stata una coincidenza perchè in tutto ciò la mia etichetta, Fast Friends, è appunto inglese/americana, han sentito il pezzo e si son presi bene da firmarmi. Un giro strano, perchè alla fine cerco di fare qualcosa che manchi nella scena elettronica italiana e rimangono colpiti più all’estero che qua.
Alla fine mi han mandato questa linea di cui mi sono innamorato e mi è rimasta in testa. In genere non sono molto fan del ricevere le voci, però questa in particolare mi aveva molto colpito, perciò non volevo darmi regole stupide solo perchè me le sono imposte.

Nella quarta abbiamo Giuse The Lizia. Sto producendo tante cose con lui e in un momento di fine sessione gli ho chiesto di farmi un qualcosa dove ripeteva OK e niente, ho tenuto quello che è uscito.

In ultimo ti anticipo che ho pronte altre tracce con questi vocal strani. Ad esempio abbiamo un ragazzo che lavora in studio con noi, è un produttore ma suonava in una band. Però lui aveva questo scream assurdo, per cui una delle prossime che uscirà ha un urlato potentissimo completamente a caso. Non è un cantante però mi piace l’idea di ficcarci personalità particolari. In generale non vado pazzo per l’idea del featuring costruito, mi stanca dover stare dietro ad una cosa solo per avere Giuse The Lizia (esempio) nel titolo. Non è una gara, sto bene a fare semplicemente la mia musica e basta.

Dalla release del primo singolo immagino che quello che ti chiedano di più è come fai a produrre cose così diverse tra loro. Azzeccato?

Ma sei tu la stessa persona che produce i Pinguini Tattici Nucleari? effettivamente è una domanda che mi fanno spesso. Ti dirò, a me è capitato di lavorare con trapper, con Fulminacci, con i Pinguini appunto, con autori e con altri artisti molto diversi stilisticamente.
Io non so come dire, ma per me la musica è bella tutta, non mi piace etichettare i generi e le persone. Anzi, a me piace ad esempio mettere un po’ di lo-fi, di marcio dentro il pop, e viceversa portarmeli su alcune tracce elettroniche. La contaminazione oggi più che mai, in un momento in cui stiamo facendo solo revival, è la strada che vedo possibile per cercare qualcosa che suoni come nuovo.

Quindi davvero non ci penso troppo a questa cosa. Una volta che ho conosciuto un po’ l’industria musicale l’ho guardata, ho capito che non mi fanno impazzire determinate dinamiche che ci sono. Mi sono dunque detto che voglio rimanere sincero, zero tirarsela, per vivermela il meglio possibile.

Qualche tempo fa ho fatto una chiacchierata con il team di produttori Studio Itaca, e loro mi spiegavano che, avendo un background principalmente EDM, il lavoro che hanno poi fatto sul pop è stato quello di adattare quei suoni, quei codici ad una canzone e ad un pubblico più mainstream. In te invece, al contrario, non colgo questa volontà di contaminazione e influenza reciproca dei due mondi, elettronico e pop…

Stimo un sacco i ragazzi per questo e credo sia la loro mission il fatto di portare quel tipo di approccio alla produzione in Italia, stanno spaccando!
Diciamo che per me produrre un artista e lavorare con un autore è ascoltare la canzone, chiudere gli occhi e immaginarmi la miglior veste per il tipo di brano. Sono proprio io che mi distacco, non voglio firmare il pezzo apposta. Un esempio è Infinito +1, il nuovo album di Fulminacci che ho prodotto interamente io: puoi fare un pezzo con la cassa dritta ma non tutto, sarebbe sbagliato forzarlo.

Per approfondire: intervista a Studio Itaca

A fine Novembre abbiamo presentato un panel con Sony Music Publishing sulla piattaforma Beatstars, e in quell’occasione ci si confrontava sul fatto che la musica italiana (intesa prodotta da italiani) che può più facilmente arrivare all’estero è quella dei produttori, non dei cantanti. Tu come la vedi? Questo EP può essere un tuo biglietto di visita al mondo o è una cosa a cui non pensi più di tanto?

No, questa invece devo dirti che è una cosa che mi ha stimolato tanto!
Avendo sempre vissuto e prodotta in Italia mi sono creato questa bolla, della quale mi sono accorto quando con l’etichetta si parlava del fatto che mi volessero portare a suonare all’estero.
Successivamente ho conosciuto Domiziana, che è un’artista di Berlino, che mi ha invitato da lei a fare musica insieme (infatti stiamo lavorando ad un brano in tedesco). Questo per dire che effettivamente io con la musica non ho limiti di lingua, infatti anche nell’EP ho voluto inserire sia l’italiano che l’inglese.

Ecco, il darsi delle regole di libertà non dev’essere un limite per non fare altre cose, quindi sto proprio seguendo il flusso, come va va.
A me piacerebbe sicuramente tanto suonare all’estero. Non è ancora successo però è una cosa che ho in cantiere, sono sicuro che mi divertirei molto.

E poi un’altra cosa che mi ha fatto notare l’etichetta è che il nome okgiorgio, unito alla chitarra richiama vibes mediterranee, quindi in ogni caso risulterei comunque italiano. Poi giusto per essere autentici al 100% una volta io ed Estremo al MIAMI abbiamo anche cucinato la pasta.
Anche se è stata una cavolata fatta giusto per ridere loro si sono gasati un sacco, ci hanno visto un qualcosa di geniale che poteva essere coerente anche con la comunicazione.

E quindi oltre alla pentola, cosa gli suoneresti?

Ultimamente sto facendo un sacco di edit di cose che mi piace portare nel mio suono, sto cercando tanto di proporre la mia roba.
Però devo dirti che son passato dai primi set, dove suonavo cose un po’ più “prevedibili” come appunto Four Tet, ad ora che cerco di scavare più a fondo. Ad esempio ho scoperto Bandcamp, che è una miniera assurda.
Tipo ci sono due tizi italiani che vivono a Berlino che si chiamano Funk Assault, fanno una techno molto scura, veloce ed analogica. Con loro sono in fissa.

Per il resto sto suonando robe anche abbastanza strane, ed esempio ho un edit di un pezzo di Bon Iver e un altro dei Radiohead ai quali ho messo sotto una cassa dritta.
All’interno del set mi piace poi il cambio di mood: mi è capitato di rallentare tantissimo con roba praticamente dub, e se la sai portare bene e la gente ti segue puoi veramente mettere di tutto, dal pezzo funk a quello reggae ecc. A volte pensa che ho chiuso con l’hardcore, roba alla Stunned Guys.

Alla fine torniamo sempre lì, alla contaminazione. Mischiare i mondi alla fine oggi sembra la cosa giusta, non vanno tirati linee dove tu sei techno e io sono house. Penso si possa trasporre anche sulla società, su aspetti non musicali.

Di sicuro, sarebbe da aprire un capitolo a parte. Usciamo dal club ma rimaniamo sulla musica per oggi. Chi stai ascoltando?

Il disco dei Jungle (Volcano, nda) mi è piaciuto tantissimo.
Poi ho riscoperto gli Underworld. Mi sono chiesto cosa avessero fatto oltre Born Slippy e ho scoperto un mondo assurdo.
Inoltre non saprei dirti dei nomi specifici ma nell’ultimo anno ho ascoltato tanta Ambient, perchè lavorando tutto il giorno in studio con la musica avevo bisogno di ritrovare un po’ di pace dopo il ritmo.
Quindi sono entrato nel mood di Alva Noto e Ryūichi Sakamoto, ad esempio.
Ovviamente anche Brian Eno

…l’assist per Fred Again qui te lo sei fatto da solo, però

Vero (ride,nda). Potrei far finta e dirti di no ma la realtà è che il loro album collaborativo non l’ho ascoltato, l’ho mangiato. Incredibile.

Assolutamente. Di italiano quindi poco?

Forse perchè lavorandoci mi capita meno. Di solito con quelli che mi piacciono tanto cerco di collaborarci. Ad esempio uno che ho beccato recentemente e che mi piace un sacco è Rareș. A proposito di Ambient invece avevo chiacchierato con Matteo Cantaluppi, mi spiegava che ha dei progetti appunto tra l’Ambient e il Noise e fa della roba assurda, tutta su vinile, con tutto un circuito di cultori ed è una figata.
Chiudo con Lorenzo Senni.

A ‘sto punto facciamo che allora che dividerò i tuoi lavori e ascolti tra la colonna Setai (pop) e Bolgia (quest’ultima parte di intervista), ci stai?

Totalmente, son belle entrambe le cose! Guarda all’estero, dove ti ritrovi Kevin Parker dei Tame Impala su Dua Lipa

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